Il Brasile |
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L'Economia
La storia economica del Brasile è segnata da una successione di cicli, ciascuno dei quali si basa su un unico prodotto esportato: la canna da zucchero nei secoli XVI e XVII; metalli preziosi (oro e argento) e pietre preziose (diamanti e smeraldi) nel secolo XVIII e, infine, il caffè nel XIX secolo e all'inizio del XX. L'influenza inglese sull'economia brasiliana ebbe inizio nei primi anni del secolo XVII, quando commercianti inglesi si sparpagliarono per tutte le città del paese, in particolare Rio de Janeiro, Recife e Salvador. Alla metà del XIX secolo le importazioni erano di esclusiva provenienza inglese; gli stessi inglesi dominavano altri settori dell'economia, come quello bancario e del prestito estero, avevano il controllo pressoché totale sulla rete ferroviaria e detenevano il monopolio sulla navigazione. Piccole fabbriche, principalmente tessili, cominciarono a fare la loro comparsa verso la metà del XIX secolo. Sotto l'impero di Dom Pedro II furono introdotte nuove tecnologie, venne aumentata la base industriale e vennero adottate più moderne pratiche di gestione finanziaria. Con il collasso dell'economia schiavista (era più conveniente pagare i nuovi immigrati che mantenere gli schiavi), l'abolizione della schiavitù nel 1888 e l'avvento del regime repubblicano nel 1889 l'economia del paese andò incontro ad un periodo decisamente difficile. Gli sforzi dei primi governi repubblicani per stabilizzare la situazione finanziaria non sortirono effetti sensibili, e gli effetti della grave depressione del 1929 costrinsero il paese ad intraprendere nuove strategie per risanare la debole economia. |
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Un primo sussulto di industrializzazione ebbe luogo durante la Prima Guerra Mondiale, ma solamente a partire dal 1930 il Brasile raggiunse un certo livello di sviluppo economico su basi moderne. Negli anni 40 fu costruito il primo polo siderurgico del paese, nella città di Volta Redonda (Stato di Rio de Janeiro), finanziato dall'EximBank, di origine Nord-Americana. Il processo di industrializzazione continuò nel ventennio 1950-1970 e portò ad un'espansione di settori importanti dell'economia, come l'industria automobilistica, petrolchimica e dell'acciaio. Negli anni che seguirono la Seconda Guerra Mondiale il tasso annuale di crescita del Prodotto Nazionale Lordo (PNB) del Brasile era tra i più alti del mondo, avendo raggiunto, nel 1974, una media del 7,4%. Durante gli anni 70 il Brasile, come del resto vari altri paesi dell'America Latina, assorbì l'eccesso di liquidità delle banche di Stati Uniti, Europa e Giappone: un grande flusso di capitale estero fu indirizzato negli investimenti per le infrastrutture, mentre imprese statali sorgevano in quelle che sembravano aree poco attraenti per gli investimenti privati. Il risultato fu impressionante: il Prodotto Interno Lordo (PIB) del Brasile aumentò in media dell' 8,5% all'anno, dal 1970 al 1980, nonostante l'impatto negativo della crisi petrolifera mondiale di allora. La rendita pro capite aumentò negli stessi anni di quattro volte, fino ad un livello di 2.200 $ nel 1980. | |
Nel frattempo, all'inizio degli anni 80, un inaspettato ma sostanziale aumento dei tassi di interesse dell'economia mondiale portò ad una crisi del debito esterno in tutta l'America Latina. Il Brasile fu così forzato ad adottare severi aggiustamenti economici, che portarono a tassi negativi di crescita. L'inaspettata interruzione nell'ingresso di capitale estero ridusse la capacità di investimento del paese. Il peso del debito estero colpì la finanza pubblica e contribuì all'aumento dell'inflazione. Nella seconda metà degli anni 80 fu adottato un insieme di misure nel tentativo di raggiungere una stabilizzazione monetaria. Queste comprendevano la fine dell'indicizzazione (una politica che "aggiustava" i salari ed i contratti in accordo con l'inflazione), ed il congelamento dei prezzi. Nel 1987 il Governo sospese il pagamento degli interessi nel debito estero, fino a quando non fosse stato raggiunto un accordo di riscalatura degli stessi con i creditori. Tutte queste misure non raggiunsero certo il risultato sperato, ma nonostante ciò la produzione economica brasiliana continuò a crescere fino alla fine degli anni 80, apportando eccedenze sufficienti nella bilancia commerciale per coprire il debito accumulato. Gli anni 90 videro invece l'avvento del processo di privatizzazione, principalmente nei settori dell'acciaieria, dei fertilizzanti e delle telecomunicazioni. Dal 1991 al 1999 circa 120 settori statali furono privatizzati, e la rendita nazionale principalmente indirizzata alla riduzione del debito. Come risultato della riforma del commercio estero, il Brasile si trovò ad essere una delle economie più aperte del mondo, senza restrizioni quantitative alle importazioni. La "deregulation" del paese si evidenziò soprattutto nella liberalizzazione delle politiche finanziarie, nel miglioramento della politica di mercato nelle aree dell'elettronica e dell'informatica, nonché nell'ulteriore privatizzazione di diversi settori, fino ad allora soggetti al monopolio statale. |
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Il 26 Marzo del 1991 fu creato il Mercato Comune del Sud (Mercosul), con la firma del trattato di Assunçao, da Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay. Oltre questo paesi membri, Cile e Bolivia vi figurano come associati: firmano trattati per per la creazione di zone di libero commercio, ma non partecipano all'unione doganale. Il patto fu reso effettivo con la creazione di un'unione doganale ed una parziale zona di libero commercio il 1° Gennaio del 1995. L'obiettivo del Mercosul è quello di permettere il movimento libero di capitale, lavoro e servizi tra i quattro paesi membri: questi si impegnano a mantenere la stessa aliquota di importazione per determinati prodotti. Dal 1991 il commercio tra i quattro paesi membri del Mercosul è quasi triplicato. Quello del Brasile con gli altri tre stati ha raggiunto i 18,7 miliardi di dollari nel 1997, contro i 3,6 miliardi del 1990. Nell'Aprile del 1998 i quattro hanno firmato un accordo con il Patto Andino per la creazione dell'Aicsa (Area di libero commercio dell'America del Sud), operativo poi dall'anno 2000. | ||
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Il risanamento di base delle condizioni di vita del paese è aumentato sostanzialmente negli ultimi 25 anni. Approssimativamente il 96% delle abitazioni è servito da acqua potabile, il 75% delle quali rifornita da acquedotti pubblici ed il restante 25% da pozzi e sorgenti naturali. Circa il 73% delle residenze possiede un sistema (per quanto approssimativo) di scolo e fognatura, e l'88% può contare sull'energia elettrica. Nelle aree urbane il 90% abitanti possiede acqua potabile e servizio di fognatura, il 98% l'energia elettrica. Per contro, nelle zone rurali, solo il 17% possiede un servizio di acqua potabile e fognatura ed il 55% l'energia elettrica. Più o meno il 70% delle case possiede un frigorifero; esistono un telefono ed un'automobile ogni 10 abitanti del paese. Il Brasile ricava circa il 60% del suo fabbisogno energetico a partire da fonti rinnovabili, come l'energia idroelettrica e l'industria dell'etanolo. Anche il 64% del petrolio consumato proviene da fonti interne. Il Brasile è il più grande esportatore di ferro, così come uno dei principali di acciaio nel mondo. Altri elementi di produzione interna sono prodotti petrolchimici, alluminio, metalli non ferrosi, fertilizzanti e cemento. Importanti prodotti sono anche automobili, aerei, forniture elettriche ed elettroniche, articoli di vestiario e calzature. Stati Uniti, Germania, Olanda, Svizzera, Giappone, Regno Unito, Francia, Argentina, Messico e Canada sono tra i maggiori partners commerciali del Brasile. All'inizio degli anni 90 il Brasile figurava tra i 10 maggiori sistemi economici del mondo. Le esportazioni rappresentano il 10% del suo prodotto interno lordo; nel 1999 la forza lavoro del paese era di circa 70 milioni di persone. Di queste il 39% nel settore dei servizi, il 5,4% nell'agricoltura ed il 24% nell'industria. Il commercio impiega il 19,4 % della forza lavorativa del paese. | ||
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www.guianet.com.br |
www.planejamento.gov.br |
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